Audioguida della Villa medicea di Poggio Imperiale

La storia della Villa del Poggio Imperiale riflette la passione e la cura con cui tutti i suoi protagonisti, dalla prima metà del Quattrocento fino ad oggi, hanno siglato le fasi di ampliamento dell’architettura, il suo percorso artistico e la sua evoluzione come luogo di formazione. È una storia caratterizzata da molte figure femminili che hanno modellato l’identità della Villa come centro per l’arte e la cultura indissolubilmente legato al suo contesto di appartenenza, la collina di Arcetri e Firenze, al cui centro strategicamente si collega fisicamente e funzionalmente.

1. Introduzione

Si ha la prima notizia dell’attuale Villa del Poggio imperiale nel 1427 quando fu denunciata al catasto fiorentino. Si chiamava, allora, Palazzo Baroncelli dal nome della famiglia che aveva fatto costruire una “casa da signore”, sulla collina di Arcetri, con annesse “due case da lavoratore”, come si conveniva alle residenze signorili rurali del tempo.

La proprietà è passata ai Pandolfini (1487), ai Salviati (1548) e poi ai Medici (1565).
Durante il Cinquecento l’impianto architettonico dell’originario nucleo Baroncelli venne “appalagiato” trasformando il suo aspetto fortilizio in un Palazzo dalla distribuzione più misurata e compatta verso Firenze e aperta verso la campagna. Fino al 1576, fu la Villa prediletta da Isabella de’ Medici, la raffinata figlia di Cosimo I, che la arredò con numerose opere d’arte.
Nel Seicento l’antico Palazzo Baroncelli assunse la connotazione di villa, prima con Maria Maddalena d’Austria, che la fece ampliare significativamente (1622-1624) e le cambiò anche il nome in Villa del Poggio Imperiale dedicandola alle future granduchesse di Toscana, poi con Vittoria della Rovere che proseguì l’opera di sua suocera: ampliò la Villa con un nuovo corpo di fabbrica (1681-83) e la arricchì con una preziosa collezione artistica, tra cui quella avuta in dote come ultima erede del Ducato di Urbino.
Quando Pietro Leopoldo d’Asburgo-Lorena arrivò a Firenze nel 1765, dopo pochi giorni, visitò la Villa e la scelse come residenza da affiancare a quella ufficiale di Palazzo Pitti. Per questo inaugurò un cantiere aperto, protrattosi per sedici anni (1767-1783), che modellò l’antica Villa medicea in un rinnovato esempio di reggia tra città e natura. Dopo di lui, nella prima metà dell’Ottocento, la connotazione neoclassica dell’architettura fu siglata da Maria Luisa di Borbone (1806-1807), Elisa Baciocchi-Bonaparte (1810-1814) e Ferdinando III (1814-1823), il figlio di Pietro Leopoldo, che concluse l’attuale assetto architettonico.
Gli interventi architettonici e i programmi artistici di questa struttura monumentale si legano indissolubilmente alla Fattoria del Poggio Imperiale che si estendeva con ampi poderi, boschi e riserve fino all’attuale Porta romana innestandosi sulla dorsale medicea (Giardino di Boboli, Palazzo Pitti, Uffizi, Palazzo Vecchio) di collegamento con Firenze.
Dal 1865 la Villa del Poggio Imperiale è la Sede dell’Educandato Statale della SS. Annunziata distinguendosi come importante istituto statale di formazione a livello nazionale ed internazionale.

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2. I cortili della Villa

La Villa del Poggio imperiale si sviluppa intorno a tre cortili, uno centrale e due speculari.
Il Cortile centrale é il più antico, l’unico rimasto invariato per posizione e consistenza dal Quattrocento, quando si chiamava Palazzo Baroncelli, dal nome della famiglia che l’aveva fatto costruire.

Il cortile centrale, insieme al loggiato che lo circonda, fu conservato nell’ampliamento voluto da Maria Maddalena d‘Austria e realizzato dall’architetto Giulio Parigi (1622-1624) che ne rispettò la forma quadrata originale anche se intervenne sull’alzato che si concludeva con un terrazzo. Quest’ultimo fu chiuso con le dodici finestre e porte finestre attuali per volontà di Vittoria della Rovere.
Il cortile di sinistra era, al tempo di Maria Maddalena d’Austria un giardino che poi fu denominato, “Boschetto degli aranci”. Era caratterizzato da una fontana centrale e da vialetti ortogonali che formavano degli spartimenti.
Nel 1778, Pietro Leopoldo ne fece ridurre di un quarto le dimensioni per trasformare il giardino nell’attuale cortile di gusto neoclassico, su progetto dell’architetto Gaspare Maria Paoletti.
Il cortile di destra, invece, era il Giardino più antico della Villa, detto il Giardino segreto di Isabella de’ Medici. Denominato poi “Giardino dei fiori”, conservò lo stesso aspetto fino al 1776 quando fu riprogettato come cortile neoclassico, così come lo vediamo oggi, sempre dallo stesso architetto nell’ambito della trasformazione leopoldina. La sua costruzione durò a lungo perché contemporaneamente era aperto il cantiere per la “Nuova Fabbrica” di cucine e scuderie, a servizio della Villa, dove oggi si trova la Polizia di Stato.

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3. Interventi seicenteschi: appartamento di Maria Maddalena d’Austria

Risalgono alla prima metà del Seicento i primi importanti lavori di ampliamento della Villa per volontà di Maria Maddalena d’Austria, moglie di Cosimo II de’ Medici. 

Dopo un concorso, il progetto fu affidato all’architetto Giulio Parigi, che in soli due anni (1622-1624) fece assumere all’antico Palazzo Baroncelli l’aspetto di reggia, che prese il nome di Villa del Poggio Imperiale.

La Villa fu dedicata alle future granduchesse di Toscana, come ricorda l’aquila con lo stemma, originariamente posta in facciata sopra il portone centrale, visibile anche nel dipinto seicentesco presente nell’anticamera di Ferdinando II.
L’interno della Villa, nella parte ovest, fu allestito per l’appartamento di Maria Maddalena d’Austria e di suo figlio primogenito Ferdinando II. È costituito da cinque sale decorate, tra il 1623 e il 1624, con cicli di affreschi celebrativi realizzati da Matteo Rosselli e dai suoi allievi.
La Sala dell’Udienza di Maria Maddalena d’Austria è la più rappresentativa. Nel ciclo pittorico delle lunette, in stile barocco, dedicato alle “Regine e Imperatrici cristiane” si sviluppa il tema della figura femminile, inteso come esempio di virtù etiche, politiche e cristiane. Nel Seicento le pareti delle altre sale e di questa erano rivestite di stoffe pregiate e quadri di grandi maestri rimossi nel periodo di Ferdinando III (1814-1823), quando furono realizzate tre vedute di ville medicee riprese da incisioni settecentesche di Giuseppe Zocchi: la Villa di Cafaggiolo, la Villa di Castello e la Villa del Poggio Imperiale (a sinistra appena si entra), quest’ultima rappresentata dopo l’intervento seicentesco di Giulio Parigi.

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4. Interventi ottocenteschi al piano terra

Nel 1814 fu restaurato sul trono di Toscana Ferdinando III d’Asburgo-Lorena, figlio di Pietro Leopoldo, protagonista del programma di interventi che portarono alla definitiva connotazione della Villa in chiave neoclassica come la vediamo oggi, chiudendo la stagione rinascimentale e barocca.

Il progetto fu affidato all’architetto Giuseppe Cacialli che, negli anni che vanno dal 1810 al 1823, completò la facciata principale, già iniziata con il porticato d’ingresso in bugnato a cinque arcate (1806-1807) da Pasquale Poccianti per Maria Luisa di Borbone, aggiungendo i due corpi di fabbrica laterali: la Cappella, ad est, e il Corpo di Guardia, ad ovest.
All’interno alcuni ambienti, nella parte ovest della Villa, assunsero un’intonazione neoclassica come la “Sala di Achille”, interamente ridecorata con temi omerici da Domenico Nani detto l’Udine con storie di Achille nelle pitture delle pareti che si concludono con finti bassorilievi a monocromo.
Adiacente a questa sala, è stato realizzato il piccolo bagno in stile neoclassico, che presenta stucchi e monocromi con allegorie marine e una profonda vasca di marmo bianco.
Nella parte di cantonata fu realizzata la “Sala verde” (1818), un’ariosa sala che con le sue vedute continue di paesaggio ed architetture immaginarie, classiche e medievali, attribuibili a Giorgio Angiolini, introduce al giardino all’italiana senza soluzione di continuità spaziale e visiva.
Per la realizzazione di questa sistemazione ottocentesca furono demolite alcune piccole sale seicentesche e fu spostata per la seconda volta la “Volticina”, lo studiolo con volta a botte, che Maria Maddalena d’Austria volle far realizzare per commemorare il marito Cosimo II. La copertura della stanza, con affreschi di Ottavio Vannini inizialmente attribuiti a Matteo Rosselli, fu smontata e rimontata su nuovi muri, sia durante i rifacimenti settecenteschi che ottocenteschi della villa.

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5. Il giardino all’italiana e gli antichi giardini ora cortili neoclassici

L’attuale Giardino all’italiana della Villa del Poggio Imperiale ricalca il progetto seicentesco realizzato ai tempi di Vittoria della Rovere nel 1655.

Fu chiamato “Giardino grande” per distinguerlo dagli altri due giardini della Villa, oggi sostituiti dai cortili neoclassici di epoca leopoldina: il “giardino segreto” di Isabella de Medici, il più antico, denominato poi “Giardino dei fiori” ed il “Giardino nuovo”, denominato poi “Boschetto degli aranci”.
Il “Giardino grande” si struttura con due assi che hanno all’incrocio una fontana contornata da aiuole di forma geometrica. Anche qui, come nella maggior parte dei giardini seicenteschi, fu realizzato un bosco artificiale, il cosiddetto “salvatico” tuttora visibile.
In tempi diversi i tre giardini divennero espressione del collezionismo dei protagonisti di questa Villa, sia per le specie arboree e floreali che per le sculture che le corredavano.
Al lato dell’attuale Giardino all’italiana fu costruita nel 1761, in epoca lorenese, una “arancera”, per adeguare l’antico stanzone dei vasi seicentesco, ormai obsoleto per il ricovero invernale dei vasi di agrumi. Sul portone d’ingresso fu posta un’aquila bicipite scolpita, ancora presente sull’edificio adibito oggi a palestra dell’Educandato. Non fu mai realizzato il progetto di Giuseppe Manetti richiesto da Elisa Baciocchi per un giardino “moderno” o “pittoresco” secondo i canoni del giardino all’inglese nell’area dell’attuale giardino all’italiana, ad ovest del complesso, e nell’area sud nel Podere del Palazzo.

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6. Quartiere di Pietro Leopoldo

In seguito all’estinzione della famiglia Medici, la Toscana passò sotto il dominio dei Lorena e, nel 1765, con l’arrivo in Toscana di Pietro Leopoldo, sovrano colto e illuminato, ebbe inizio una fase di grande rinnovamento per la villa, che divenne la residenza estiva della famiglia granducale.

Tra il 1766 e il 1783 il granduca commissionò a Gaspare Maria Paoletti un progetto di ampliamento architettonico ispirandosi, soprattutto per la decorazione, al più aggiornato gusto internazionale. Realizzò nuove sale al piano terra, affacciate sul giardino, decorate tra il 1773 e il 1777. La prima di queste è detta Sala di Ercole, per la decorazione ad affresco della volta, raffigurante Ercole che riceve la corona di lauro dalla Gloria, attribuita a Santi Pacini. Le pareti sono decorate con architetture di Giuseppe Del Moro e vedute, opera forse del Terreni.
Segue la sala di Diana, con affreschi che celebrano Diana e Apollo e scene di caccia inserite entro vedute, opera di Giuseppe Gricci, con quadrature attribuite a Giuseppe Del Moro. L’ambiente ha per soggetto un ampio paesaggio boschivo di fantasia, che crea una connessione tra il verde dipinto della sala e il verde reale del giardino esterno.
L’ambiente successivo è quello della sala delle Quattro stagioni, dipinta da Giuseppe Maria Terreni con allegorie delle quattro stagioni e illusioni prospettiche. Sulla volta, il cielo è popolato dalle personificazioni delle Quattro Stagioni, assise su banchi di nuvole, intorno alle quali si affacciano coppie di amorini. L’ambiente è concepito come una loggia a colonne ioniche aperta su un viridarium, l’antico giardino della domus romana. La spazialità che si apre tra le colonne dipinte e il basso parapetto figurato in prospettiva, sul quale sono posati vasi di porcellana orientale, crea un effetto di trompe-l’oeil.
In ultimo la segreteria di Pietro Leopoldo, dove si narra fu firmato il decreto che per la prima volta aboliva la pena di morte nel Granducato di Toscana. Affrescata da Antonio Fabbrini, questa stanza è la conclusione del percorso celebrativo di Pietro Leopoldo e del suo governo illuminato. La decorazione pittorica, realizzata entro quadrature architettoniche, raffigura nel suo insieme gli effetti del Buon Governo, a testimonianza della politica riformista del granduca. Nella volta Pietro Leopoldo, vestito di blu, è presentato da Minerva alla Toscana, in trono, che offre al giovane sovrano corona e scettro granducale. In basso compaiono l’allegoria del fiume Arno e il leone con lo stemma asburgico.
Alle pareti sono raffigurate, al centro, le Allegorie del Commercio, Pastorizia, Agricoltura e Navigazione, ai lati, le allegorie delle arti Liberali, Pittura Scultura e Architettura, oltreché il Parnaso con muse e poeti, Pegaso e Apollo.

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7. Cappella e museo scientifico, già corpo di guardia

La facciata principale presenta due avancorpi progettati dall’architetto Giuseppe Cacialli e realizzati (1820) per volontà di Ferdinando III: La Cappella e il Corpo di Guardia, ora Museo scientifico.

La Cappella, ad est, tuttora in uso, è caratterizzata da un loggiato d’ingresso e da un interno di chiara intonazione neoclassica.
Il Corpo di Guardia, ad ovest, cambiò destinazione d’uso nel 1865, quando la Villa del Poggio Imperiale divenne sede di un Collegio femminile, l’Educandato Statale della SS. Annunziata e questi spazi furono adibiti, in parte, a Laboratori per l’Arte e per le Scienze per poter permettere una formazione a tutto campo alle studentesse nella nuova istituzione voluta dal marchese Gino Capponi, basata su idee laiche e liberali.
Un significato di grande rilievo assume il laboratorio di scienze che fu molto innovativo per quei tempi. L’educazione femminile, infatti, non prevedeva un programma scientifico, né era possibile a tutti poter avere a disposizione una collezione di strumenti e reperti su cui studiare.
L’Educandato Statale della SS. Annunziata fu, insieme alla napoleonica Maison Royale de S. Denis, famoso collegio parigino, la prima scuola a farlo, dotandosi di attrezzature e spazi per lo studio delle scienze.
Dalla seconda metà dell’Ottocento sono stati raccolti molti strumenti e modelli per scopi didattici, attualmente visibili nelle teche disposte al centro della stanza e alle pareti, che per originalità e fattura hanno un significativo pregio anche artistico. Si tratta dei modelli floristici della Manifattura Brendel (nella teca centrale) e dei modelli scomponibili del corpo umano della ditta Auzoux (teche alle pareti), prodotti in cartapesta invece che con la cera più costosa e meno duratura.
Nel laboratorio è presente una raccolta di diversi strumenti per lo studio della fisica nelle sue varie declinazioni.

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8. Salone di Vittoria Della Rovere e loggiato intorno a cortile

Vittoria Della Rovere, moglie di Ferdinando II, proseguì il progetto di ampliamento della villa voluto dalla suocera Maria Maddalena d’Austria, con l’aggiunta di un nuovo braccio verso sud, affidando i lavori a Giacinto Marmi e Ferdinando Tacca, eseguiti tra il 1681 e il 1682.

Al piano terreno, sulla porta di accesso all’attuale Refettorio, la granduchessa è ricordata in un’epigrafe che la descrive come «arbitra di raffinatezze e di eleganza». Il salone, affacciato sui poderi a mezzogiorno, era destinato ad accogliere una galleria di statue. Al piano superiore, la granduchessa fece costruire un altro salone, destinato a quadreria, che cambiò aspetto negli interventi settecenteschi voluti da Pietro Leopoldo. Nel 1691, inoltre, Vittoria incaricò Giovan Battista Foggini di rinnovare la decorazione del loggiato che circonda il cortile centrale, all’ingresso della villa: le pareti furono caratterizzate da un ornato architettonico in stucco bianco su intonaco grigio e decorate con nicchie ovali, entro le quali furono posti busti antichi facenti parte delle collezioni granducali. Si conservano tuttora le cassapanche e i mensoloni in legno, disegnati da Ferdinando Tacca.
Il Refettorio presenta una decorazione pittorica realizzata nel 1686 da Francesco Corallo, pittore attivo a Roma, rimaneggiata in alcune parti in età lorenese da Giuseppe Del Moro. Gli affreschi sono caratterizzati da temi mitologici, cristiani e pagani, celebrativi di Vittoria e dei suoi principi etico-religiosi: al centro della volta le divinità dell’Olimpo e, sui lati minori, l’aquila e un rametto di rovere sullo stemma mediceo e le Virtù che cacciano la Discordia. Sulle pareti lunghe un loggiato inquadra paesaggi, raffiguranti alberi, castelli, ville di campagna o borghi sullo sfondo delle colline toscane. Inoltre, nella parte alta, si trovano putti che giocano con festoni e ghirlande di fiori e, sopra le porte, otto medaglioni in finto bronzo dorato raffiguranti scene di significato allegorico.

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9. Salone delle feste

Quando, il 20 settembre 1765, Pietro Leopoldo di Lorena visitò per la prima volta la Villa del Poggio Imperiale, se ne innamorò a prima vista tanto da sceglierla come dimora prediletta negli anni del suo regno. 

Oltre all’ampliamento del piano terreno, nel 1779 Pietro Leopoldo commissionò allo stesso architetto, Gaspare Maria Paoletti, la ristrutturazione degli appartamenti al piano nobile, destinati alla famiglia granducale.

La matrice razionalista che ispirò il programma politico del granduca segnò anche il carattere degli ampliamenti e decori della villa, con lo scopo di adeguare gli ambienti al gusto delle moderne regge europee.
Paoletti costruì al piano nobile il salone da ballo, ambiente puramente neoclassico, adibito a feste e decorato a stucco dai fratelli di origine ticinese Grato e Giocondo Albertolli, impegnati parallelamente nella decorazione della Sala Bianca di Palazzo Pitti.
Il Salone delle Feste, ancora oggi adibito a concerti e altre manifestazioni, presenta pareti a tinte pastello scandite da lesene scanalate, culminanti in capitelli corinzi e, sopra ogni porta, formelle raffiguranti storie dei Lorena, impreziosite da motivi decorativi classici. Le cinque alte finestre archivoltate, affacciate sul paesaggio toscano, consentono alla luce naturale di entrare nella stanza in modo intenso e uniforme. Nel soffitto rimangono i segni delle 11 lumiere di cristallo di Venezia, di cui l’unica attualmente presente è quella maggiore, al centro, con i suoi 60 lumi.

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10. Quartiere cinese

Dal Salone delle feste, proseguendo a sinistra, si accede al cosiddetto “Quartiere cinese”, composto da una successione di cinque stanze contenenti carte cinesi settecentesche, di varie dimensioni, dipinte a mano e raffiguranti soggetti orientali, secondo quel gusto esotico per l’Oriente e le cineserie ampiamente diffuso nelle corti europee del tempo.

Carte e stoffe orientali furono acquistate a Bruxelles, tra il 1769 e il 1771.
L’attuale allestimento del quartiere cinese è stato realizzato nel 2012 sulla base dell’inventario dei beni mobili della villa, redatto nel 1784 al termine della ristrutturazione leopoldina.
La prima sala che si incontra presenta numerosi quadretti, di varie dimensioni, raffiguranti fiori, uccelli e coppie di personaggi, oltreché le principali attività produttive cinesi del tè, riso, porcellana e seta nei quadretti piccoli.
Seguono due stanze con parati dai motivi decorativi di alberi, fiori e uccelli. Sulle pareti sono sistemate carte originali cinesi, incorniciate da una larga bordura chinoiserie realizzata da una manifattura locale.
Nelle ultime due stanze appaiono parati con scene di vita cinese, ambientate in villaggi sullo sfondo di corsi d’acqua e catene montuose, popolati da numerosi personaggi intenti in molteplici attività. Ne deriva l’immagine esotica di un mondo lontano, attraente, misterioso e tranquillo, secondo la percezione della Cina che si aveva nel mondo occidentale.
In alcuni casi, ad un’attenta osservazione, si percepiscono le difficoltà incontrate dai tappezzieri granducali nell’adattare le carte, composte da ampi rotoli, alle pareti.

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11. Galleria rossa e peristilio

La Galleria, costruita nel 1775, corre lungo tutto il perimetro del cortile centrale. Di forma quadrata, presenta una decorazione a stucco ed ospita i ritratti raffiguranti componenti di casa Medici e membri delle corti europee imparentati con la corona toscana, alcuni dei quali opera del pittore olandese Jan Frans Van Douven.

L’ambiente, allestito in anni recenti, è arricchito da mensole in legno del Seicento, arredate con busti appartenenti alle collezioni medicee, sgabelli stile Impero, tavoli seicenteschi, consolles di fine Settecento e sculture di piccole dimensioni.
Nel 1803, con il ritorno al Poggio Imperiale di una donna, Maria Luisa di Borbone, ripresero i lavori, affidati a Pasquale Poccianti ma interrotti già nel 1807, quando giunse in Villa la sorella di Napoleone, Elisa, moglie del lucchese Felice Baciocchi, divenuta Regina d’Etruria. Tra il 1807 e il 1814, infatti, Elisa Bonaparte Baciocchi arricchì il Poggio Imperiale con arredi stile Impero e oggetti di gusto francese. Inoltre, commissionò all’architetto Giuseppe Cacialli il rinnovamento della facciata e la realizzazione del cosiddetto “Peristilio”, un ambiente di rappresentanza sopra al loggiato d’ingresso, al piano nobile.
Il Peristilio presenta un impiantito dipinto a finti marmi e, nel suo insieme, l’intero ambiente è ispirato allegoricamente al tema dello scorrere ciclico del Tempo. Alle pareti, una decorazione a stucco d’ispirazione classico-mitologica, raffigurante il Tempo e le Quattro stagioni, opera di Giovanni Spedulo e Luigi Marinelli, va ad incorniciare le vedute pittoriche di Giuseppe Gherardi, che rappresentano nell’ordine Primavera, Estate, Autunno e Inverno. Le lunette laterali descrivono, rispettivamente, a sinistra l’allegoria del giorno e della notte, con Apollo e il carro del Sole, a destra Diana e la Luna, con un bimbo addormentato in braccio e con il carro trascinato da civette. Intorno ad entrambe sfilano i segni zodiacali, anch’essi simbolo dello scorrere dei mesi. All’interno della sala sono conservati tre preziosi tavoli in pietre dure, di cui uno cinquecentesco, di particolare pregio, con pitture a monocromo di scuola raffaellesca e quarzi bianchi.

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